C’è un suono che precede le parole.
Un ritmo che non si impara, perché è già dentro.
È il respiro del mare.
Un’inspirazione lenta, un’onda che si ritira e poi ritorna.
E tu, senza accorgertene, torni con lei. Torni a casa.
Perché da lì veniamo: acqua che accoglie, abbraccia, culla.
Il mare è madre antica, grembo senza tempo.
Quando ci si avvicina, qualcosa si scioglie.
Non serve parlare: basta ascoltare.
Ogni passo sulla riva risveglia un ricordo.
Non serve averlo vissuto: è memoria ancestrale.
La sabbia tra le dita, il sale sulle labbra,
la luce che danza sull’acqua.
Ti senti nuda e completa.
Semplice e immensa.
Come se il mare ti riconoscesse,
e tu riconoscessi te stessa.
Ma il mare non è solo quiete.
È chiamata. Sfida. Promessa.
È partire verso l’ignoto, lasciarsi sorprendere, cambiare rotta.
C’è qualcosa di sacro nell’orizzonte che non finisce.
Nel coraggio di mollare gli ormeggi,
anche solo per pochi giorni, o dentro un pensiero.
Ogni viaggio è una possibilità: di scoprirsi, di scegliere, di vivere davvero.
E poi ci sono i nodi.
Intrecci che tengono insieme ciò che altrimenti scivolerebbe via.
Nodi fatti di presenza, gesti, ricordi condivisi.
Nodi che legano senza stringere,
che restano anche quando la distanza aumenta.
Un nodo può essere un gesto quotidiano:
un bracciale allacciato con cura, un pensiero che ritorna.
Ci sono oggetti che sussurrano.
Hanno forme gentili, e in loro scorre un’eco:
il ricordo del vento sul viso, della luce dorata che filtra al tramonto,
del rumore di corde e passi leggeri su un molo di legno.
Sono cose semplici, ma vere.
Come certi momenti. Come certi giorni. Come te.
Tornare dal mare non è mai un addio.
È portarne dentro un frammento. Una luce. Un odore. Una sensazione.
A volte basta un dettaglio — una forma, un colore, un suono — per riportarti lì.
Non serve spiegare. Chi sa sentire, capirà.
Lascia che quei frammenti parlino con te…
in un gesto semplice, ogni giorno,
come un oceano racchiuso in un filo.